Una marcia intorno al Monte Bianco per il Tibet

Dall’8 al 24 agosto, in concomitanza dei giochi olimpici di Pechino, si svolgerà una marcia attorno al Monte Bianco a sostegno del Popolo Tibetano.

Dall’8 al 24 agosto molte associazioni europee che sostengono la popolazione tibetana hanno deciso di unirsi in un progetto comune: compiranno a piedi il giro completo attorno al Monte Bianco. Si tratta di un progetto transfrontaliero che vede uniti tutti i comuni intorno al Monte Bianco e a cui ha dato la sua adesione anche Mountain Wildernes Italia. I marciatori verranno accolti dai vari comuni e ogni serata prevede spettacoli, incontri ed eventi diversi.

Il giro completo intorno al Monte Bianco, attraverso Francia, Svizzera e Italia, durerà in tutto 16 giorni, con varie pause lungo il percorso. La marcia inizierà in Francia, a Les Houches (sede dell’organizzazione Lions Des Neiges) alle ore 14 dell’8 agosto. Apriranno la Kora alcuni monaci in esilio ed un gruppo di prigionieri tibetani.

Le serate di maggior risonanza avranno luogo a Courmayeur e a Les Houches. Il giro del Monte Bianco partirà da Les Houches alle ore 14 dell’8 agosto, ora corrispondente alle 8 del mattino di Pechino, orario previsto per l’inizio ufficiale dei giochi olimpici.
Attualmente ci sono già 300 persone iscritte alla marcia, tra questi molti monaci ed exprigionieri tibetani.

Courmayeur aprirà le giornate a favore del Tibet il 16 agosto con l’inaugurazione di una mostra di antiche tangka curata da Renè Vernadet dal titolo “Dal buio alla luce” ed uno spettacolo teatrale, mentre per il 17 è in programma una serata con la partecipazione del giornalista tibetologo Piero Verni che presenterà in anteprima il film "In marcia verso il Tibet"che è stato girato negli ultimi mesi durante la marcia partita da Dharamsala (India) con l’obiettivo di entrare nel paese delle nevi all’inizio dei giochi olimpici.

Alla serata saranno presenti numerose personalità tra cui un rappresentante del governo tibetano, la giornalista tibetologa francese Claude Levenson, l’ingegnere, alpinista, guida alpina Maurizio Gallo, l’alpinista Fausto De Stefani, il regista nonché presidente di Mountain Wilderness International Carlo Alberto Pinelli e i rappresentanti delle associazioni promotrici della marcia.

Info:
Ethical Solidarity: Didier Gattini: [email protected] – tel: + 33(0)450545520
Logistics: Valérie Croz: [email protected] – tel : +33(0)685322378
Communication : Christine Giguet: [email protected] – tel.: + 33(0)450588759
Events: Anne Marie Simond: [email protected] – tel: + 33(0)450547285

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Il 56° TrentoFilmfestival a Milano

Dal 3 al 5/05 il TrentoFilmfestival è a Milano, all’Apollo spazio Cinema in galleria De Cristoforis 3, per tre giornate di proiezioni di film, documentari, corti, incontri, presentazioni di libri.

Anche quest’anno il TrentoFilmfestival apre la sua sezione milanese con un programma ricco di proiezioni, incontri, presentazioni di libri, mostre fotografiche e con ospiti del mondo della cultura, dell’ambiente, alpinisti, esploratori e registi. L’appuntamento è dal 3 al 5 giugno all’Apollo spazio Cinema in galleria De Cristoforis 3 Milano.

Il tutto avrà una speciale anticipazione, sabato 31 maggio alle 22,30 in Piazza Liberty, con Imparando a vivere: concerto verticale di Fabio Palma e i Miradavaga, spettacolo già presentato all’ultima edizione del TrentoFilmfestival e inserito dal Comune di Milano nella Movida dello Sport 2008.

Naturalmente si potranno vedere i migliori della 56esima edizione. Come il bellissimo “Au delà des Cimes” di Rémy Tezier che ha per protagonisti Catherine Destivelle ed il Monte Bianco e che è stato premiato con la Genziana d’Oro “Premio del Club Alpino Italiano” a cui si è aggiunto l Premio del pubblico per la categoria Alpinismo e il Premio della stampa. E come l’altrettanto bello “4 Elements” di Jiska Rickels vincitore della Genziana d’Oro “Gran Premio Città di Trento”.

Inoltre da non mancare la proiezione di “The Beckoning Silence” di Louise Osmond che ha per protagonista la tragedia del 1936 di Toni Kurz e dei suoi compagni sull’Eiger raccontata da Joe Simpson. E ancora è assolutamente da vedere “Il Neige à Marrakech” di Hicham Alhayat Genziana d’Argento al migliore cortometraggio. Come da non perdere è “Solo” di Mike Hoover autentica chicca premiata nel 1973 con la Genziana d’Oro “Gran Premio Città di Trento”.

A Milano saranno presentati anche alcuni degli eventi del 56° TrentoFilmfestival come la serata Alpinismo solitario in programma mercoledì 4 giugno e che avrà per protagonista Rossano Libera. Mentre, martedì 4 giugno, per l’inaugurazione della manifestazione, interverranno Augusto Golin, consigliere delegato alla direzione del TrentoFilmfestival, il regista Maurizio Zaccaro, presidente della Giuria Internazionale della 56esima edizione del Festival, Elio Orlandi alpinista quest’anno membro della Giuria e Alessandro Gogna, presidente di Alt(r)i spazi.

Giovedì 5 giugno invece Maurizio Nichetti, direttore artistico del TrentoFilmfestival, nella serata in cui l’Eiger sarà protagonista presenterà i primi salitori italiani della parete Nord della mitica montagna dell’Oberland bernese: Armando Aste, Franco Solina, Gildo Airoldi, Romano Perego, Andrea Mellano con di Giovanni Capra, Alberto Pirovano, Paola Acquistapace, Alessandro Gogna e Piero Ravà.

Da ricordare Giovedì 5 giugno alle ore 18.30 l’incontro con Marco Albino Ferrari Giornalista e scrittore direttore della rivista "Meridiani Montagne che parlerà delle Alpi, delle loro diverse culture, tra storie di alpinismo e il racconto del grande esodo che dagli anni Cinquanta ha segnato il tramonto delle civiltà tradizionali alpine.

MARTEDÌ 3 GIUGNO – SPAZIO CINEMA APOLLO, MILANO

SALA FEDRA – Spazio Cinema Apollo, Milano

ore 20.00 Augusto Golin, consigliere delegato alla direzione del TrentoFilmfestival, e il regista Maurizio Zaccaro, presidente della Giuria Internazionale della 56ima edizione del Festival, aprono il dopo-festival 2008 curato da Alt(r)i spazi. Fra gli ospiti, gli alpinisti Elio Orlandi, quest’anno membro della Giuria, e Alessandro Gogna, presidente di Alt(r)i spazi. Verranno proiettate sequenze filmate, il racconto, i videoclip e rapidi flash sui film in concorso, per far rivivere a Milano l’atmosfera, il cinema e gli eventi del 56° TrentoFilmfestival.

ore 20.30 “Au delà des Cimes” di Rémy Tezier (Francia, 2008) 75’ (vedi foto in alto).
Genziana d’Oro “Premio del Club Alpino Italiano”
Premio del pubblico per la categoria Alpinismo e Premio della stampa

ore 21.45 “4 Elements” di Jiska Rickels (Olanda, 2006) 85’
Genziana d’Oro “Gran Premio Città di Trento”

ore 23.15 replica “Au delà des Cimes” di Rémy Tezier (Francia, 2008) 75’.

MERCOLEDÌ 4 GIUGNO – SPAZIO CINEMA APOLLO, MILANO – SALA GEA

ore 17.30 anteprima “Journey of a Red Fridge” di L.Muntean, N. Stankoviç (Serbia, 2007) 52′.

ore 18.30 “Daughters of Wisdom” di Bari Pearlman (U.S.A., 2007) 68′
Premio Speciale della Giuria Internazionale

ore 20.00 La serata trentina Alpinismo Solitario in “pillole”, con ospiti di rilievo.
Presenti Rossano Libera, solitario protagonista di autentici capolavori su vie di ghiaccio e di roccia, e la giornalista Paola Lugo (Antersass), fautrice della serata.

ore 20.30 “Solo” di Mike Hoover (U.S.A. 1973) 15’
Genziana d’Oro “Gran Premio Città di Trento” 1973

ore 20.45 “Stranded – I’ve come from a plane that crashed on the mountains”
di Gonzalo Arijòn (Francia, 2007) 127’
Premio del Pubblico

ore 23.00 “Journey of a Red Fridge”
di Lucian Muntean, Natalia Stankoviç (Serbia, 2007) 52′

GIOVEDÌ 5 GIUGNO: CON MAURIZIO NICHETTI E I PROTAGONISTI DELL’EIGER – SALA GEA.

ore 17.30 Replica di “Stranded” di Gonzalo Arijòn (Francia, 2007) 127’.

ore 20.00 Maurizio Nichetti, direttore artistico del TrentoFilmfestival, saluta il pubblico milanese e dà il benvenuto agli ospiti d’eccezione per una serata in cui l’Eiger la fa da protagonista. Di nuovo tutti insieme per il TrentoFilmfestival a Milano i primi salitori italiani della parete Nord: Armando Aste, Franco Solina, Gildo Airoldi, Romano Perego, Andrea Mellano; chi di loro ha scritto: Giovanni Capra; chi li ha conosciuti bene come maestri di alpinismo, compagni di cordata ed amici: Alberto Pirovano con sua moglie Paola Acquistapace, Alessandro Gogna (nella foto) e Piero Ravà.

ore 20.45 “Kay Rush incontra Joe Simpson”
Contributo video della Web-Tv del TrentoFilmfestival curata da Planetmountain.com

ore 21.00 “The Beckoning Silence” di Louise Osmond (Gran Bretagna, 2007) 73’

ore 22.30 “Eiger speed riding” di Damien Dufresne (Francia, 2006) 3’

ore 22.35 “Il Neige à Marrakech” di Hicham Alhayat (Svizzera, 2006) 15’

ore 23.00 Replica di “The Beckoning Silence”

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Michele Caminati macina boulder a Fontainebleau

Michele Caminati ha ripetuto The Island Fb8b+ a Fontainebleau, Francia.

Michele Caminati continua ad essere uno dei più grandi conoscitori italiani di Fontainebleau. Il boulderista parmense, dopo aver salito Khéops assis e Gecko assis nella foresta del boulder alle porte di Parigi e anche Neverending Sotry Fb8b+ a Magic Wood in Svizzera, ora si aggiudica The Island Fb8b+.

Il boulder è stato liberato dallo statunitense Dave Graham nel 2008, poi prolungato con una partenza da seduto dal francese Vincent Pochon che gli aveva dato il grado Fb8c. Caminati ha chiuso la versione originale e anche se promette di ritornare, dice che adesso c’è (giustamente) un’intera foresta da scalare.

Parlando delle foreste da scalare. Caminati è in gran parte responsabile dello sviluppo della zona boulder di Lagoni sugli Appennini. Poco prima dell’estate era riuscito a salire The Hanging Project, Fb8b, il boulder più difficile fino ad oggi di quella zona, ma ancora incompiuto secondo Caminati perché manca la salita in cima al masso. Aspettiamo quindi questo top finale, ma anche l’attesissima nuova guida della zona.

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Welcome to the club, un 9a firmato Luca ‘Canon’ Zardini

Il 3/10/2009 Luca Zardini ha liberato “Welcome to the club” un monotiro nei massi di Campo, a Cortina d’Ampezzo, per il quale propone il grado di 9a

Ha una storia particolare questa nuova e bella realizzazione di Luca Zardini alias Canon. Intanto perché “Welcome to the club” è sui massi della falesia di Campo e Volpera – precisamente in quelli della frazione di Campo alle porte di Cortina d’Ampezzo – lì dove Canon ha cominciato a muovere i suoi primi passi verticali. Poi perché, proprio su quei massi, si può leggere tutta la storia dell’arrampicata degli ultimi trent’anni; una storia che a Cortina è stata firmata per buona parte dal Gruppo Scoiattoli, di cui Zardini è un rappresentante. Insomma, è una storia che rappresenta quasi una sintesi del percorso dall’arrampicata artificiale alla libera.

Parte della linea era stata chiodata in artificiale dagli Scoiattoli, Bruno Menardi e Roberto Gaspari, 27 anni fa. Poi, dopo che nel 2007 Walter Bachmann (un altro Scoiattolo) l’aveva spittata, era “toccato” al Canon salirla in libera realizzando “Welcome to the Jungle”, una via che si è assestata sul grado di 8b+ dopo la prima ripetizione del cadorino Alessando Fiori. Poi l’ulteriore passo in avanti rappresentato da “Welcome to the club” che segue in parte la versione “Jungle” per poi deviare a destra e affrontare 12 movimenti assolutamente spettacolari. Il cerchio dunque, come dice Canon, ora è chiuso. E, particolare del tutto rilevante, si tratta di un cerchio che simbolicamente racchiude l’evoluzione dell’arrampica in questi ultimi 25 anni.

Quasi dimenticavo: il posto, cioè il bosco che racchiude i massi di Volpera e Campo, è davvero magico; la via supera con movimenti bellissimi un’impressionante pannellone di roccia a 45° e la difficoltà proposta è di 9a… Sicuramente è un viaggio super ed esclusivo!

CAMPO, “WELCOME TO THE CLUB” 9a
di Luca ‘Canon’ Zardini

Welcome to the Jungle, Benvenuti nella Giungla…. che non è altro che il fitto e particolare bosco di Campo e Volpera caratterizzato dai molti e strapiombanti massi sparsi un po’ ovunque e su cui ho potuto sfogare con “forza” tutta la mia voglia di scalata degli ultimi anni a Cortina d’Ampezzo.

Tutto comincia nel 1982 e cioè quando Bruno Menardi “Menego” e Roberto Gaspari “Moroto” si inventarono di chiodare e percorrere, allora in artificiale e con chiodi a pressione, uno strapiombantissimo masso a 45 gradi. La via fu poi abbandonata per parecchi anni per poi essere rivalutata nella primavera del 2007 dal lavoro di Walter Bachmann, Guida Alpina di Cortina nonchè nipote del già citato Menego.

La mia prima realizzazione della vecchia Artificiale porta il nome di “Welcome to the Jungle” per la quale avevo proposto un 8c ; questa estate è poi arrivata la prima bella ripetizione da parte del giovane Alessando Fiori il quale ha assestato il grado ad 8b+ visto l’uso di un “bel” buco a metà via che il sottoscritto aveva totalmente ignorato…

Poco dopo la prima realizzazione, assieme al fidato Michele Ossi, abbiamo attrezzato una breve ma intensissima variante della “Welcome…” intuendo la possibilità di creare un nuovo interessante progetto. La via percorre quasi interamente l’8b+ fino ad un discreto riposo per poi deviare verso destra per ulteriori 4 metri dai movimenti ampi e spettacolari su roccia molto bella e compatta.

Mi ci sono voluti più di due anni con più di trenta tentativi sparsi in tutto l’arco del periodo, per venire a capo di questi ultimi dodici violenti movimenti, sia per la precarietà dei gesti ma anche per trovare le condizioni perfette di clima e di umidità , cosa che si è rivelata fondamentale chiudere virtualmente il cerchio a più di venticinque anni di distanza dalla prima chiodatura in artificiale.

Tutto gira dritto il 3 ottobre scorso. E’ una bellissima giornata di aderenza autunnale ed assicurato dal solito Michele riesco finalmente nel fatidico lancio, posto poco dopo il riposo, che mi aveva fino ad oggi respinto con insistenza facendomi pensare che un altro inverno sarebbe dovuto passare per poter chiudere il conto con “Welcome”… Proseguo poi per gli ultimi fisici movimenti finali con grande grinta e determinazione fino al top, dove giungo totalmente svuotato!
“ Welcome to the Club” è il nome di quest’ultima realizzazione e 9 a la quotazione proposta…
Un sincero ringraziamento a Michele, Alessandro e Luca per la collaborazione.

Canon

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Piccolo Lagazuoi, arrampicare in Dolomiti

La falesia del Piccolo Lagazuoi in Dolomiti, 26 vie dal 4c al 7a presentate dalla Guida Alpina Enrico Maioni.

Agli inizi degli anni 2000, le guide alpine di Cortina decisero di individuare una parete rocciosa dove poter attrezzare dei monotiri non troppo difficili, adatti anche ai meno esperti. La scelta cadde sul Monte Lagazuoi, e più precisamente su una porzione della sua parete meridionale, situata leggermente più in basso e a sinistra (ovest) dell’ imbocco della Via Ferrata Galleria del Lagazuoi.

Fu così che con l’amico e collega Paolo Tassi iniziammo l’opera di chiodatura, ed in pochi giorni riuscimmo ad attrezzare una ventina di tiri di difficoltà medio-bassa

ARRAMPICARE PICCOLO LAGAZUOI, DOLOMITI

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Gran Sasso, una montagna da scalare

Roberto Iannilli presenta l’arrampicata al Gran Sasso d’Italia (Appennini centrali, Abruzzo) attraverso 7 vie scelte.

Il Gran Sasso è un gruppo montuoso di roccia calcarea, complesso, vario nella morfologia e nel panorama, che permette allo scalatore di trovare sempre la via che lo può interessare. La roccia, gli ambienti, il genere di arrampicata e il tipo di itinerari, agevolano una scelta varia. Dalle stupende placche compatte erose dall’acqua e dal tempo delle Spalle, del Monolito, del II° Pilastro di pizzo d’Intermesoli e del Torrione Cambi, si passa alle fessure spesso strapiombanti della est del Corno Piccolo, ai diedri e fessure tipicamente dolomitici della est della vetta Occidentale del Corno Grande.

Le vie brevi e assolate delle “Fiamme di Pietra” hanno come contraltare gli itinerari lunghi oltre i mille metri del Paretone, della nord-est dell’anticima della vetta orientale o quelli che superano i duemila dell’Orco dell’Appennino, il Monte Camicia, in un ambiente assolutamente selvaggio, su roccia spesso precaria. Si passa da scorci di Marmolada a vioni da Civetta, fino ad ambienti che non hanno nulla da invidiare all’Eiger. Quelle che abbiamo citato non sono neppure tutte le pareti del Gran Sasso, altre meno conosciute e frequentate restano ugualmente interessanti e meriterebbero una visita, questa è però una scelta e ha il limite di dover essere essenziale, quindi parleremo solo di quello che per la maggioranza dei frequentatori è considerato il miglior modo per entrare in questo mondo di roccia a molti semisconosciuto.

Semplificando possiamo dividere in quattro “settori” le zone con maggiore interesse, le pareti che si possono considerare di approccio al Gran Sasso. Restano fuori molte cose interessanti, come ad esempio il Paretone, che ha il limite di avere un accesso attualmente complicato dalla frana del 2006, che si è portata via un pezzo di una classica (l’Aquilotti ’79 al IV° Pilastro) ed ha riempito di detriti la parte sotto il III° Pilastro del canale di accesso, lo Jannetta. Per di più sussiste un’ordinanza di divieto del sindaco di Isola (tre persone, soccorse sulla Cengia dei Fiori l’anno scorso, sono state denunciate alle autorità competenti).

Le vie scelte sono di tipo classico, una sola è “spittata” (certo non in modo sistematico), i chiodi utili generalmente sono in parete e le soste quasi tutte attrezzate. Per ripeterle occorre la normale dotazione alpinistica: dadi, friend e non guasta avere con se il martello con qualche chiodo, non si sa mai. La scelta è del tutto personale e soggettiva, è la nostra, ed è indipendente dalla difficoltà, tiene conto dell’interesse estetico e storico delle vie, perché noi partiamo dal concetto che un alpinista alla scoperta di un posto nuovo non dovrebbe essere attratto dal “blasone” della via, ma dalla sua rappresentatività. In questa scelta ci sono vie di VII come di IV, ma vi assicuriamo che sia sulle une che sulle altre, se siete alpinisti e non “collezionisti di vie”, avrete soddisfazione.

Se, dopo aver gustato questo antipasto di scalate al Gran Sasso, avrete voglia di tornare, allora consigliamo la guida del CAI-TCI redatta da Luca Grazzini e Paolo Abbate per le vie fino al 1991 e il prezioso aggiornamento, a cura sempre dell’infaticabile Grazzini, che si trova a disposizione di tutti al bar della Gran Baita, ai Prati di Tivo…

Nome

Grado

Lunghezza

Spigolo a destra della crepa

TD (tratto VI-)

320m

La via supera lo spigolo evidentissimo accanto ad un profondo ed altrettanto evidente diedrone che solca tutta la parete (“via della Crepa”).. Via Di Federico – De Luca

TD (V e V+, passo VI-)

180m

Via prevalentemente di placca su roccia favolosa e che segue la logica della ricerca del “facile nel difficile”, girando e rigirando le oceaniche placche, con passaggi mai duri, ma esposizione vertiginosa. Il Vecchiaccio

D+

210m

La via più indicativa di queste pareti è “il Vecchiaccio”, uscendo per il tiro con i chiodi a pressione dell’Aquilotti 72. Aperta da Pierluigi Bini con Massimo Marcheggiani ed il mitico “Vecchiaccio” Vito Plumari, la via segue delle bellissime fessure e, nell’abitudine dei ripetitori, supera una placca attrezzata a chiodi a pressione – l’originale passa invece più a sinistra ed ha un passo piuttosto difficile, protetto da un recente “spit galeotto”, che però resta ben lontano. Zarathustra e nonna Jole

TD+

210m

Via superlativa che sale con andamento logico le placche seguendo i punti meno complessi (e quindi occorre attenzione al percorso). Può essere il proseguimento delle vie che salgono la Seconda Spalla del Corno Piccolo.
Diretta Consiglio

TD, 1 tiro VI- (o A0) e vari tratti V e V+

300m

Bella e logica la “Diretta Consiglio” sale al centro della parete per fessure con un andamento leggermente ad arco. La roccia è quella della est, non perfetta come quella delle Spalle del Corno Piccolo, ma assolutamente nella media delle vie di scalata più frequentate per esempio delle Dolomiti SUCAI

AD+, pass. fino al IV

300m

Una via capolavoro. La facile ma ugualmente di soddisfazione “SUCAI”, una via che risolve la parete prendendo un andamento obliquo da destra verso sinistra, che permette di evitare tutti i tratti difficili, utilizzando in parte il sistema di cenge a “zeta rovesciata”. Sempre ad opera di Paolo Consiglio, questa volta con Marino Dall’Oglio, Luciano Sbarigia e Raul Beghé, è una salita di difficoltà molto contenute, ma che ha il pregio di non essere “incastrata” in camini sbocconcellati, resta sempre in parete aperta, con un esposizione da via ben più impegnativa. Forza 17

ED+, vari pass. VII e 1 pass. A1

260m

Pur tra tante vie interessanti, non c’ è storia, “Forza 17”è la più bella, non è la più difficile, ma di certo non è facile. E’ di soddisfazione dal primo metro alla cima, non è mai scontata e, anche se attrezzata a spit resta molto impegnativa e con passaggi obbligati.

Corno Piccolo – Parete Est
Da sotto, appena esci dal tunnel dell’autostrada, la noti appena, sembra uno “scarrupo” al confronto del Paretone; dai Prati di Tivo non la vedi affatto, nascosta dalla ancor più “piccola” nord, ma girato “l’angolo” che ti introduce nel Vallone delle Cornacchie, resti a bocca aperta. La scopri verticale, imponente, complessa e velatamente minacciosa con i suoi strapiombi e le sue “gemme incastonate”. Capisci che è un capolavoro, che solo al Gran Sasso potevi trovarla.
Dalle vie di 110/130 metri della Punta dei Due, arriviamo ai quasi 500 di quelle nella zona del Pancione di Cavalcare, spaziando da vie facili (IV grado) a salite estreme (anche di artificiale moderno). La roccia è quasi sempre ottima, spesso fantastica, come nella “gemma” al centro della parete e che sorregge la vetta, il Monolito, dove sono vie di 180 metri di pura libidine scalatoria, dal V della Via del Monolito, al probabile 8a di Ciao l’ U. Qui la forma perfetta della struttura fa si che la parete sembri opera deliberata e non data dal caso dell’ erosione e del tempo. Placche ruvide e piene di buchetti, permettono di salire quasi dappertutto, con arrampicata tecnica e di soddisfazione. Sulla est il lato sinistro della parete è meno alto e le vie diventano generalmente più abbordabili, mentre alla destra diventa imponente e verticale, fino a sembrare una muraglia fitta di fessure parallele e strapiombi, in cui acuminati spigoli o pronunciati tetti, sono stati, e sono ancora, terreno di avventura per generazioni di alpinisti, con vie più lunghe e sostenute.

Corno Piccolo – Prima e Seconda Spalla
Due inconfondibili “gobbe” di roccia compatta, la Prima e la Seconda, si appoggiano alla vetta del Corno Piccolo, una terza, nascosta da un pendio erboso, si nasconde e fa la ritrosa. Qust’ultima è alpinisticamente la più selettiva, sia come approccio che come genere di vie, ma la “Cenerentola” delle tre magnifiche sorelle di roccia resta marginale per chi si affaccia per la prima volta al Gran Sasso. Varie esposizioni, da nord a sud, lunghezza media delle vie 200 metri, roccia praticamente sempre ottima, spesso leggermente appoggiata con placche levigate (rispetto al Monolito la roccia è meno verticale ma più lisciata). Gli itinerari sono tanti e spesso si incrociano e non ci sarebbero problemi se alcune delle più recenti non fossero ampiamente spittate, creando perplessità quando intersecano le classiche, ancora attrezzate in modo tradizionale. Comunque le linee storiche sono talmente logiche e belle che con un minimo di intuito alpinistico ci si trova a proprio agio. Consigliabile il concatenamento delle due Spalle, permette di avere il “respiro” di una via lunga 400/500 metri e la comodità di poter cambiare idea a metà.

Vetta Occidentale del Corno Grande – Parete Est
Qui il discorso cambia, questo è il versante Aquilano ed è quello più maestoso, sia per la montagna, sia per l’impressionante spianata di Campo Imperatore. Senza nulla togliere alla vista mozzafiato del Paretone all’uscita dal tunnel della A24, sul lato Teramano, gli spazi e le prospettive di questo versante non hanno rivali a riguardo al fascino. Di dimensioni andine, sia verde di erba primaverile, che bianco di ghiacci da farlo sembrare artico, Campo Imperatore fa da platea al più fantastico proscenio naturale immaginabile, il Corno Grande che lo chiude. La parete est è lassù e sembra piccola in questo scenario (eppure le sua vie sono lunghe fino a 400 m.) e ciò rende l’idea della scala complessiva della montagna tutta. Entrando a Campo Imperatore, arrivando da Fonte Cerreto (base di partenza della funivia), si ha questo colpo d’occhio che non lascia indifferente nessuno e che costringe tutti ad arrestare l’auto per scendere e fotografare. Si ammira di scorcio il Paretone, che guarda al mare Adriatico (si intuisce che oltre la sella del Vado di Corno questi continui a precipitare verso la pianura ondulata teramana) e l’immensa spianata e le rocce frastagliate del Brancastello, Tremoggia, Prena e Camicia, che fanno da quinta. Il posto vi sembrerà familiare se siete abituali frequentatori di cinema, infatti Campo Imperatore è stato scenografia per molti film di successo. La parete est è sotto la vetta principale, quasi triangolare è solcata da un sistema di cengie che sembra disegnare una Z rovesciata, sotto è la comba del Canalone Centrale, innevata fino a luglio inoltrato. Piccolo e rosso, sotto il Torrione Combi, luccica il Bivacco Bafile, appollaiato su un terrazzo sbancato apposta.
La roccia è nel complesso è buona, soffre solo la concorrenza sleale delle Spalle o della vicina placca del Torrione Cambi. L’arrampicata è tipicamente dolomitica, con fessure articolate diedri, qualche strapiombo e placca. Le vie sono ben individuabili, solo che la morfologia della parete ha fatto sì che le più facili seguano l’andamento zigzagante delle cengie e quindi, le più dirette, le incrocino, creando confusione allo scalatore poco attento e senza una relazione dettagliata. Quindi occhio a non pigliare la fessura che sale dritta dalla sosta perché la in alto c’è un chiodo con cordino, il cordino è certamente stato lasciato in eredità dal precedente disattento che poi si è ritrovato sul difficile, magari un po’ marcetto e fuori via. La lunghezza varia da 300 a quasi 400 metri e le difficoltà passano dal magnifico III+ (con un passo di IV) della iperlogica via “SUCAI”, all’ VIII di “Senza Orario e senza bandiera”.

II° Pilastro di Pizzo d’Intermesoli – Parete Sud
Il Pizzo d’Intermesoli è una montagna complessa, con una doppia cima che interessa praticamente solo gli sci alpinisti e i rari escursionisti che si avventurano per i ghiaioni della normale, ignorata dagli scalatori, che si fermano al culmine dei vari pilastri, che ne guarniscono in modo impareggiabile la parete est. In realtà i cinque pilastri sono sei, dobbiamo considerare anche “Le Strutture”, la complessa parete che li precede (venendo dai Prati di Tivo). Il II° pilastro è sicuramente il più interessante, sia per il dislivello delle vie di arrampicata che per la qualità di queste. Ha due esposizioni, una più verso est/nord-est, l’altra a sud. Gli itinerari variano da poco più di 200 metri a quasi 500 e sono praticamente tutti interessanti. Dalle placche del versante sud, agli strapiombi della parte più a est, si torna alle placche su quello nord-est. Il versante sud è quello con alcune perle preziose da non mancare, qui le placche sono simili come erosione alle Spalle, ma con maggiore verticalità, a volte strapiombanti. Il risultato sono vie impegnative e, a parte qualche itinerario che segue delle fessure e riesce a stare sotto il VI+ (quello severo, non paragonabile al 6a generico delle falesie), il resto “so’ ‘mpicci”, fino alle estreme “L’erba del Diavolo”, “Di notte la Luna” e “Il bosco degli Urogalli”.

INFO
PERIODO

Da fine Maggio si scala senza problemi al Gran Sasso, c’è ancora molta neve e spesso occorrono gli scarponi e una piccozza. I canali di discesa sono in condizioni praticamente invernali ed è meglio scegliere vie che permettono la discesa in doppia. A settembre comincia a far freddo, ma se il meteo è clemente si scala ancora. A volte capita un ottobre particolarmente mite e si può continuare con qualche via, magari non troppo lunga, viste le giornate più corte. Insomma il “periodo” può andare da inizio giugno a tutto settembre

MATERIALE

Le vie classiche messe in questa scelta sono attrezzate con chiodi, occorrono dadi e friend, utili i kevlar sulle placche per le clessidre. Non sono da disprezzare i tri-cam. Personalmente mi porto sempre il martello, i chiodi si allentano e le vie si sbagliano. In sostanza: normale dotazione alpinistica, con friend medi e piccoli, dadi e cordini kevlar per le clessidre, utili i tri-cam e il martello.

ALTEZZA
Da 200m a 1000m del Paretone

DIFFICOLTA’

Dal III/IV al 7C. Qualche vie artificiale superiore all’ A3 moderno.Da poco si è iniziato con le libere di vecchi tiri artificiali. Le valutazioni considerano il grado ancora in base al singolo passo (UIAA) e raramente danno una valutazione complessiva del tiro (scala francese).

NUMERO DI VIE
Guida CAI-TCI, Grazzini-Abbate (1992); Gran Sasso. 105 itinerari scelti, dai classici ai più recenti Antonioli-Lattavo (Ed. Vivalda, 2000); Gran Sasso, Ciato Pennisi e Vitale (Edizioni Mediterranee 1986); Gran Sasso, Antonioli Ardito (Zanichelli 1982)

PUNTI D’APPOGGIO
Corno Piccolo – Parete Est. Ai Prati di Tivo si sono vari alberghi (anche troppi), ma per ora neppure un campeggio. Per la verità c’è, ma è abbandonato da decenni, lungo la strada che porta a Cima Alta, punto di partenza del sentiero che evita la seggiovia. Volendo è tollerato montare la tenda nell’ex campeggio, sarebbe vietato farlo altrove (Parco Nazionale), è però permesso piantare la tenda per la sola note. Affittacamere, oggi si chiamano “bed and breakfast”, ai Prati, a Pietracamela e a Intermesoli, bellissimi paesi poco distanti. Comodissimo il Rifugio Franchetti, appollaiato nel vallone delle Cornacchie, da dove in pochi minuti sei all’attacco delle vie (www.rifugiofranchetti.it). Fino all’anno passato era uso degli scalatori utilizzare l’ “Hotel SIGET”, ovvero la stazione di partenza della seggiovia che nelle ore di chiusura, nel locale dove girano i seggiolini, si trasformava in un vero e proprio rifugio per alpinisti. Attualmente (2009), a causa dei lavori per la nuova cabinovia ciò non è possibile. Forse la vecchia stazione, finiti i lavori della nuova, potrebbe diventare un ostello, ma l’idea mi sembra ottimistica, vista la scarsa lungimiranza dei responsabili delle strutture ricettive della zona.

Corno Piccolo – Prima e Seconda Spalla. Vale il discorso della parete est del Corno Piccolo, solo che il Rifugio Franchetti resta un po’ alto, serve scendere fino alla seggiovia (15 min.) per raggiungere il sentiero Ventricini. C’è un percorso veloce e diretto che dal Franchetti, passando per la Sella dei Due Corni (tra Corno Grande e Corno Piccolo), imboccando la Normale al Corno Piccolo (poco sotto la Ferrata Danesi) e abbandonandola per tracce in discesa, raggiunge la parete sud della Seconda Spalla, più o meno all’ altezza delle vie “Mallucci-Geri-Lagomarsino”/”Vecchiaccio”. Essendo però un percorso non segnato, è meglio chiedere al gestore del rifugio precisazioni, senza dilungarsi ulteriormente in questa sede. E’ da tenere in considerazione se si vogliono salire tutte e due le Spalle e scendere per la Danesi.

Vetta Occidentale del Corno Grande – Parete Est. A Campo Imperatore c’è un ostello e l’albergo, non esiste campeggio e sarebbe vietato montare la tenda, è però permesso per la sola notte, smontandola al mattino. E’ anche possibile salire in 30 min. al Rifugio Duca degli Abruzzi, sulla Cresta della Portella, da questo ci si collega al percorso di approccio continuando per la stessa cresta. Alberghi e pensioni anche a Fonte Cerreto, base della funivia.

II° Pilastro di Pizzo d’Intermesoli – Parete Sud. In pratica gli stessi delle Spalle, senza considerare il Rifugio Franchetti, completamente in altra zona. Anche il rifugio Garibaldi in Campo Pericoli è fuori rotta, oltre ad essere difficilmente aperto.

LINKS
www.rifugiofranchetti.it
www.rifugioducadegliabruzzi.it

Riattrezzata la via Paola al Pilastro dei Barbari

Il 15 e 19/11/2010 la via Paola (200m, 7a max, 6c obbl.), aperta nel 1993, in ricordo di Paola Padovan, da Paolo Cristofari, Federica Drusi e C. sul Pilastro dei Barbari, Canale del Brenta-Valsugana, è stata riattrezzata da Niccolò Antonello e Beppe Ballico.

Dopo la richiodatura di Tovaric, sul Pilastro dei Barbari in Valsugana (Tn), Niccolò Antonello e Beppe Ballico hanno messo mano anche alla via Paola. Naturalmente il tutto con il consenso di Paolo Cristofari che insieme a Federica Drusi e altri amici l’aveva aperta nell’autonno del 1993. Il tutto, come scrive Beppe Ballico, “nella speranza che con questi due “lifting”, il Pilastro venga nuovamente riconsiderato. In effetti siamo sicuri che sarà così. E fa piacere pensarlo anche e soprattutto perché questa via ci fa ricordare Paola Padovan scomparsa per un incidente di arrampicata in un giorno della Pasqua del 1992. Paola era una grande in tutti i sensi, e non solo perché (come pochi sanno) è stata una delle più forti climber degli anni a cavallo tra gli ’80 e ’90.

RICORDANDO PAOLA PADOVAN di Paolo Cristofari
Molto tempo fa mi trovavo a Lumignano, era una bella giornata di sole, c’era molta gente, si scherzava, si rideva; io dissi “chi viene a fare due tiri di corda con me?” “Vengo io” disse Paola. Arrampicai tutto il giorno con lei, non immaginavo che avrei diviso poi parte della mia vita con quella ragazza.
Paola era in gamba, intelligente, mai banale e arrampicava molto bene. Si laureò in filosofia con il massimo dei voti e diventò una delle più brave arrampicatrici del tempo ripetendo “Il somaro” a Lumignano nel 1991.
Quante avventure insieme… poi le nostre strade si divisero ma restammo sempre in contatto in qualche modo.
Un giorno, mentre ero a casa, ricevetti una telefonata da Andrea Palamidese, un nostro amico comune. “Ciao… come va?”, mi chiese. “Bene, e tu come stai?”. Silenzio…”. Ma allora non sai…” “Non so cosa…?” “E’ successo un incidente, Paola è morta.” Abbassai il telefono e piansi tutte le lacrime che avevo. Avevo perso una persona importante, mi sentivo amareggiato, arrabbiato, impotente, triste.
Un anno dopo chiodai una via assieme a Federica e molti amici. Ne uscì un buon lavoro, aveva tutti gli ingredienti giusti per diventare una bella via da ripetere, la chiamai Paola.
Un grande ringraziamento va a te, caro Beppe, per averla riattrezzata e reso possibile la sua ripetizione in sicurezza.
Paolo Cristofari “Ferro”

LA RICHIODATURA DELLA VIA PAOLA di Beppe Ballico
Ormai attirati da questi luoghi appartati e un po’ dimenticati, dopo la recente riattrezzatura della Via Tovaric, con Niccolò decidiamo nuovamente di risalire al Pilastro del Barbari questa volta per sistemare la vicina Via Paola. Una via di cui, avendola ripetuta circa dieci anni fa, purtroppo non avevo ricordi nitidi, ricordavo solo di averla trovata più impegnativa della Tovaric, molto tecnica e di continuità.
Qualche giorno prima dell’inizio dei lavori chiamai al telefono Paolo Cristofari (detto “Ferro”), e lo misi al corrente dell’intenzione di sistemare la sua via. Lui, come sempre molto disponibile e cortese, è stato felicissimo di questa nostra decisione.
La vecchia chiodatura della via Paola, rispetto alla Tovaric, è risultata subito qualitativamente migliore, gli spit erano da 8 mm, ma molti giravano ormai su se stessi e alcuni, togliendo il bullone, si spezzavano.
Così le vecchie, ma ancora buone piastrine in alluminio da 18 Kn, sono state sostituite con piastrine in acciaio inox con fix da 10 mm, senza modificarne la distanza originale, ma migliorando in taluni casi l’angolo d’attrito della corda.
Con la speranza che, con questi due “lifting”, il Pilastro venga nuovamente riconsiderato, abbiamo inoltre pulito tutta la via da vecchi alberi e vegetazione cresciuta, pulito prese ormai coperte da vecchie erbacce e rimosso molti sassi instabili. Purtroppo però, almeno nel primo tiro, la roccia rimane un po’ delicata, ma i restanti tiri sono di assoluto piacere, lasciando spazio a tecnica e uso dei piedi su roccia buona/ottima a buchi e piccole tacche.
Con l’occasione, è stata aggiunta in Cima al Pilastro una targhetta con la scritta “Pilastro dei Barbari”, che evidenzia il punto dove potersi calare con le eventuali doppie.
Beppe Ballico

Si ringrazia per il materiale Davide Miotti del negozio “Su e Giù Sport” di Belvedere di Tezze sul Brenta (Vi) e Nicola Manca per la minuziosa costruzione delle targhe e delle soste.

>>> SCHEDA VIA PAOLA

Campionati Europei di arrampicata, i risultati

Nei Campionati europei di arrampicata sportiva di Imst-Innsbruk, Ramón JulianPuigblanque e Angela Eiter hanno vinto nella specialità Lead. Cedric Lachat e Anna Stöhr nel Boulder e il russo Sergey Abdrakhmanov e la polacca Edyta Ropek nello Speed. Migliori italiani Christian Core 7° nel Boulder e sara Morandi 5a nello Speed.

Dunque, dopo 4 intensi giorni di sui campi di gara di Innsbruk e Imst, l’Europa dell’arrampicata ha i suoi re. A cominciare dallo spagnolo Ramón JulianPuigblanque e dall’austriaca Angela Eiter nella specialità Lead. Per continuare con lo svizzero Cedric Lachat e l’austriaca Anna Stöhr nel Boulder e il russo Sergey Abdrakhmanov e la polacca Edyta Ropek nello Speed. Sono questi i nuovi campioni europei dell’arrampicata sportiva. Diciamo subito che sorprese vere non ci sono state. Anche se battaglia, quella vera, c’è stata eccome. D’altra parte è questo il gioco attuale delle gare di arrampicata: si vince per un soffio e a vincere possono essere in molti, tutti quelli che strappano il biglietto per la finale. Perché il livello, specialmente nel Boulder e nel Lead, è altissimo ma soprattutto “diffuso” tra molti.

Ne sa qualcosa, per esempio, Adam Ondra che correva da favorito per i titoli del Lead e del Boulder. Alla fine, magic Adam, s’è dovuto “accontentare” del 2° posto, sia nell’una che nell’altra gara. Un doppio argento tanto eccezionale quanto impensabile solo qualche stagione fa… ma appunto non è l’oro. Come non è certo il risultato che sperava, e che in molti le pronosticavano, quello dell’austriaca Johanna Ernst, “crollata” al 2° posto davanti ad Angela Eiter, la rivale e connazionale che lei stessa aveva spodestato dal ruolo di regina. Un risultato che però si spiega almeno in parte con l’infortunio e lo stop forzato che in questi mesi ha colpito la Ernst.

Bisognerebbe anche dire del grandissimo Cedric Lachat che, dopo la vittoria nel Boulder al Rock Master pre-mondiale di Arco, con questo titolo europeo dei “Blocchi” ha confermato la sua annata eccezionale. Poi dell’immenso Ramón JulianPuigblanque che dopo aver vinto tutto nel Lead (dal titolo mondiale allla Coppa del Mondo) bissa il titolo continentale già vinto a Lecco nel 2004. E ancora di Anna Stöhr che con questo oro europeo del Boulder completa un palmares d’eccezione che l’ha vista in cima al mondo del Boulder nel 2007 ma anche al 2° e 3° posto nel podio europeo nel 2008 e nel 2005.

E poi è doveroso parlare di quel “mostro” di Christian Core, l’azzurro che dopo aver vinto tutto nel Boulder, alla bella età di 36 anni, si prende la soddisfazione di essere ancora il miglior italiano con un 7° posto che lo fa essere il primo degli esclusi dalla finale. A fargli compagnia nella speciale classifica dei migliori italiani c’è sara Morandi che con il 5° posto nello Speed si conferma come un’atleta su cui puntare anche perché in questa specialità i suoi margini di miglioramento sembrano essere ancora notevoli.

Per la cronaca in gara Lead la battaglia di finale ha visto Ramonet Puigblanque vincere con due prese di vantaggio su Adam Ondra, dopo che il 17enne della Repubblica Ceca era stato l’unico a chiudere la via di semifinale. Se volete, questo è sia il segno della classe indiscussa del piccolo-grande climber spagnolo sia quanto ancora conti l’esperienza. Anche perché Ondra, nella salita decisiva, ha rischiato di perdere pure l’argento. Visto che se l’è giocato al fotofinish con il grandissimo 20enne austriaco Jakob Schubert (leggi presa tenuta da Adam e solo tenuta da Jakob). Dietro a loro, a conferma che l’Austria è sempre più la squadra da battere, c’è un altro top climber austriaco ovvero David Lama che questa volta deve accontentarsi della medaglia di cartone. Mentre il norvegese Magnus Midtboe è 5° e solo 6° è Patxi Usobiaga, il campione europeo uscente che nell’ultimo turno ha visto sfumare il promettente 2° posto della semifinale. Chiudono i giochi della finale il russo Mikhail Chernikov e il francese Manuel Romain. Mentre, con il 24° posto, il migliore degli italiani è il 17enne Marcello Bombardi.

Nel Lead femminile Angela Eiter ha fatto suo il titolo superando nettamente sia in finale (leggi 8 prese di distacco) sia in semifinale (10 prese) Johanna Ernst. Come dicevamo è chiaro che ancora la Ernst non ha recuperato i ritmi di gara ma è anche chiaro che Angela Eiter sembra ritornata quella di un tempo. Il duello insomma è più che mai aperto. Anche perché le altre “europee” per ora non sembrano impensierirle più di tanto. Anche se la francese Alizée Dufraisse per conquistare il 3° gradino del podio non s’è poi fermata così distante dalla Ernst. Mentre nettamente staccate sono tutte le altre; dalla slovena Mina Markovic (4a) alla svizzera Alexandra Eyer (5a). Per continuare in ordine di arrivo con le altre finaliste: Olga Shalagina (UKR), Charlotte Durif (FRA) e Barbara Bacher (AUT). Per non parlare delle big come Maya Vidmar (12a) e Natalija Gros (10a) ma anche la veterana Muriel Sarkany (18a) che non sono certo andate al meglio delle loro possibilità. Mentre per trovare la migliore delle italiane bisogna scendere al 17°.

Cambiando pagina e andando al Boulder troviamo ancora un piccolo capolavoro incompiuto di Ondra. Anche qui il 17enne enfant prodige era primo dopo la semifinale. Ma anche qui, come nel Lead, si è lasciato “soffiare” l’oro da un altro grande (nonché imprevedibile) atleta: Cedric Lachat. Non a caso proprio quello che lo tallonava da vicinissimo anche nel 2° turno di gara. La finale insomma si prospettava come un duello fra loro due, un uno contro uno in cui bisogna tenere i nervi saldi. E cosa strana (per lui) a riuscirci meglio è stato proprio Lachat segno che le cose stanno girando veramente al massimo per lo svizzero. Tanto che ha nettamente vinto con un top di vantaggio (4 su 5 top per Lachat contro 3 top di Ondra).

Bisogna anche dire che entrambi hanno partecipato al doppio impegno, Boulder + Lead, e che il confronto “combinato” pende a favore di Ondra che porta a casa due medaglie d’argento con l’oro nel Boulder e il 12° posto nel Lead di Lachat. Insomma, il valore di Ondra non è in discussione. Anche perché il ragazzo può solo maturare ulteriormente… A proposito di maturazione ma anche del livello di questi europei, va detto che il bronzo è andato a mister Kilian Fischhuber, l’atleta che ha fatto la storia delle gare di blocchi in questi ultimi anni. Alle sue spalle nell’ordine troviamo due sorprese della stagione come Jernej Kruder (SLO) e Casper TenSijthoff (NED)e una conferma Klemen Becan (SLO). Poi, come abbiamo detto, primo escluso della finale e 7° assoluto la certezza che viene dal passato: Christian Core.

A proposito di certezze. Quella della 22enne Anna Stöhr nel Boulder è come un mantra: lei c’è sempre. Così anche questo titolo se l’è conquistato comandando la gara dall’inizio e poi lottando fino all’ultimo tentativo per battere la rivelazione di questa stagione: la 17enne tedesca Juliane Wurm. Alla fine con 3 top in 5 tentativi l’ha spuntata Anna su Juliane che ha chiuso anche lei 3 problemi spendendo però 8 tentativi in più. Le seguono con 2 top due grandi del boulder femminile: l’ucraina Olga Shalagina e la russa Olga Bibik. E con 1 solo top da Melissa LeNeve (FRA) e Anna Galliamova (RUS) rispettivamente 5a e 6a della finale. Mentre Alexandra Ladurner con il 16° posto è la migliore delle italiane.

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Sandro Neri: 10 anni di Emicrania

Dopo dieci anni di tentativi il bellunese Sandro Neri è riuscito a salire Emirania 8b nella falesia di Ceresera (Belluno).

Se qualcuno si domanda perché pubblichiamo questa notizia, può anche non continuare a leggere. Se invece non siete di quelli che si fermano solo ai numeri e all’idea che ormai solo il 9a e affini sia degno di nota, applaudirete con noi Sandro Neri. Prima però, per i pochi che non lo conoscessero, val la pena dire qualcosa su questo climber 46enne.

Sandro, insegnante di ginnastica e bellunese Doc, è uno di quei ragazzi, con Iccio Dall’Omo e Gigi dal Pozzo, che inventarono la falesia di Erto seguendo l’ispirazione di quel locals, nonché loro papà putativo, che la “scoprì” e che risponde al nome di Mauro Corona. Allora, si era nella seconda metà degli anni ’80, quella giovane “banda” di climber, rivoluzionari e un po’ pazzi, esplorò l’arrampicata oltre l’idea stessa di strapiombo dando vita alla falesia che ben prestò diventò un banco di prova e un riferimento per l’arrampicata sportiva mondiale. La falesia di Erto, appunto.

Li chiamavano “i ragazzi dello zoo di Erto” quei giovani climbers (indovinate perchè…). Ed ora uno di loro, dopo dieci anni di tentativi, è riuscito a ripetere Emicrania la via aperta nel 1997 da Massimo Manarin nella falesia di Ceresera, anche questa nascosta come Erto tra i gioielli della Val del Piave, tra Feltre e Belluno. Così, leggendo il breve testo che ci ha inviato Sandro, non abbiamo avuto il minimo dubbio, e per dir la verità non abbiamo neanche guardato il (pur sempre notevole) grado della via. Questa è una notizia ci siamo detti. Tanto quanto quella rotpunkt di molto tempo fa che Sandro conquistò sulla “mitica” Sogni di Gloria ad Erto. Entrambe parlano della stessa passione e della stessa forza. Quella dell’arrampicata anti emicrania e senza età che in tutti questi anni Sandro Neri ha vissuto con e per i giovani climber, promuovendo e partecipando alla crescita del movimento dell’arrampicata sportiva.

10 ANNI DI EMICRANIA di Sandro Neri

Ho 46 anni, arrampico da 30 e gli ultimi 10, di questi anni, li ho impiegati per salire rotpunkt Emicrania a Ceresera (BL). Per fortuna in questi 10 anni ho avuto anche altro da fare, oltre che provare e riprovare questa splendida via… un vero rompicapo: appena mi avvicinavo a realizzare, scoppiava puntualmente il grande caldo estivo (proibitivo anche a Ceresera, se sei al limite in una via…), oppure scoppiavano le perturbazioni delle stagioni temperate, che rendono Emicrania altrettanto proibitiva, perché si bagna immediatamente il tratto chiave.

Per salire sto tiro ho dovuto conciliare temperatura fredda (5 gradi circa), periodo asciutto, stato di forma e conoscenza millimetrica della via : pare impossibile, ma in 10 anni di tentativi ho scoperto sempre un particolare nuovo, altrimenti non sarei resistito alla noia di un “tunnel” del genere. E la lampadina si è accesa sabato 17 ottobre, scoprendo un sistema nuovo sul tratto finale, che ho sempre patito. Ho sfilato, e son partito bello incazzato, come fossi in una via nuova… contento di quel nuovo movimento, quel piccolo particolare finale che mi ha risvegliato la novità, la motivazione. Per questo motivo ho raggiunto la catena in continuità, con immensa gioia e liberazione !

Mi permetto un consiglio, ai giovani che si apprestano a entrare nel tunnel delle vie super-lavorate: variate, cambiate, trovate altri stimoli, nella vita e nel variopinto caleidoscopio del fantastico mondo verticale. E quando vi sentite bene, tornate a cacciare una botta secca al “solito” progettone, cercando sempre il nuovo particolare che lo possa facilitare, in maniera che sia sempre il “nuovo” progetto, non il “solito”. Ringrazio proprio voi giovani, voi “boce” che ho cominciato a “portare” (termine errato) a scalare, perché adesso siete voi a portare me… a divertirci e allenarci sui blocchi, per esempio : i boulders con voi giovani, il vedervi in gara con le dita che mi sudano, i viaggi fantastici con voi a Ceuse, Kalymnos e Zillertal, hanno alleviato 10 anni di Emicrania. Grazie boce !

Sandro Neri

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The Elder Statesman ripetuta due volte nel Frankenjura

Manuel Brunn e Daniel Jung hanno ripetuto The Elder Statesman 9a nel Frankenjura, Germania

Una delle vie più difficile della Germania, The Elder Statesman nel Frankenjura, è stata ripetuta per la prima volta questo mese da Manuel Brunn e poi, pochi giorni fa, da Daniel Jung. Liberata da Markus Bock nel 2011 con 30 intensi movimenti, in questo video di Brunn si capisce bene quanto sia davvero difficile chiudere un 9a!

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